lunedì 26 febbraio 2007

A proposito di Napoli, Paspokaz e demenze varie...


A Proposito di: "Napoli, piena emergenza criminalità", "il caso Napoli", "Napoli sotto i riflettori", "a Napoli si spara..." ,"a Napoli si muore...", ma si nasce anche, "a Napoli si ride", "Napoli siamo noi","fuggire da Napoli..." "tornare a Napoli", "torna a Surriento...", tra i tanti libri seriosi, anzi diciamo pure seri, che analizzano la città ed il fenomeno camorristico nella sua espressione militare e finanziaria... ma anche altri che guardano all'espetto storico e sociale, o semplicemente di cronaca, è uscito un altro libro, a dicembre, un po' piu' in sordina rispetto agli altri, che anche dice la sua su Napoli. Il libro è quello che vedete in copertina, sì, proprio quello, ed ha per titolo "Le avventure di Paspokaz" di Bruno Esposito. Un libro spietato, a tratti cinico ma pregno di ironia. Una drammatica ironia che, come ha detto Saviano, ti induce ad una smorfia che rimane stampata sul volto. Una smorfia di dolore. Ed è proprio l' ironia che oggi andrebbe recuperata, per poter ancora guardare avanti, e sperare, ma non solo sperare, ridere, sorridere e allo stesso tempo fare qualcosa per superare l'empasse... la prostrazione in cui la città vive. Chi è Paspokaz? ma, PASPOKAZ SIAMO NOI!
Noi che abbiamo permesso alla politica di non dare risposte ai bisogni reali della gente, noi che abbiamo permesso ai clan di allungare le mani anche nelle piu' misere puteche (leggi piccole botteghe), noi che abbiamo permesso che tenessero sotto scacco e sotto controllo interi quartieri ... sempre piu' allo sfascio, che fungevano poi da serbatoio per la manovalanza criminale, noi che abbiamo permesso ai boss, una volta accumulato tanto denaro...ma tanto, che lo portassero fuori, altrove per ripulirlo in in abito grigio con investimenti degni di questo nome, lasciando sul territorio, al territorio, solo il fetore della paura, delle discariche abusive, delle nefandezze a cui abbiamo assistito e nuove miserie da cui attingere, oltre che quel maledetto modello culturale del potere esibito, dell'arrognaza fatta legge, a cui i giovanissimi, senza un adeguata formazione critica, senza una adeguata alternativa reale, senza piu' spazio per i sogni, attingeranno a piene mani, per divenire gli aspiranti boss di domani, unico "sogno" a cui potrebbe valere la pena di aspirare. Paspokaz siamo noi, nel nostro non condividere i valori, facendo sì che la legge del piu' forte prendesse piede... e mettesse radici e divenisse essa stessa, l'assenza di valore condiviso, il nuovo valore riconosciuto.
Ma i libro di Esposito diverte anche, come solo i napoletani sanno far divertire parlando delle proprie tragedie. E forse il pregio dell'opera, sta proprio nel voler ribadire: abbiamo perso la libertà di scegliere, di decidere di vivere tranquillamente... riprendiamoci la libertà di sorridere, anche parlando di cose serie... e partiamo da quello.
Paspokaz...veramente siamo noi?

18 commenti:

Anonimo ha detto...

E il primo intervento non potrebbe non essere mio, visto che di Paspokaz sono un genitore. Uno, perchè l'altro è Raffaele Calafiore, deus ex machina di NonSoloParole, che ha creduto in questo mio lavoro, bontà sua, e lo ha fatto vivere. Anche lui genitore quindi, o ginecologo, fate voi.
Poco da aggiungere alle parole di Raffaele se non che il mio super eroe, per quanto fetido e unico nella sua identità plebea ( Napoli è l'unica città d'occidente a conservare rappresentanti di questa connotazione sociale ) può essere assunto a modello di riferimento occidentale. Perchè Paspokaz forse si trova anche a Londra, magari veste Prada e gira con l'i-pod al collo, magari siede alla guida di un Suv e di una monovolume ultima serie, ma resta un individuo che asseconda con la tecnologia la ricerca del profitto che scaturisce dal profondo, dal suo istinto primordiale di sopravvivenza che raffinandosi diviene sopraffazione. E vive, seppur rasato, profumato, igienizzato, palestrizzato, computerizzato, cellularizzato, omogeneizzato e centrifugato ( massì... ), vive dicevo come un barbaro.
Perchè siamo noi i barbari, quest'orda plebea di alto bordo che si riversa alle feste dei Briatori, che impazzisce per i grandi e piccoli fratelli naufraghi sulle isole dei famosi e delle formose, che plaude ai puponi pedatori pubblicitari di suonerie e auricolari all'ultima moda, che sniffa la coca e beve la cola, che è convinta che i limiti siano solo nella testa e prova a schiantarsi sulle autostrade ogni sabato sera.
Paspokaz si annida dentro ognuno di noi, subodolo, silente, pronto a prendere il sopravvento quando la necessità lo impone. E' l'anello mancante che presenta il conto di un'evoluzione della specie al contrario.
Auguri a Raffaele per questa nuova iniziativa.

Anonimo ha detto...

Napoli, ancora Napoli. Non so se puo' interessare la mia esperienza. Mi chiamo Franco e sono andato via da Napoli, giovanissimo avendo vinto un concorso fuori, al nord. Per mia fortuna, avendo un impiego pubblico, ho avuto la possibilità di chiedere un traferimento e tornare a Napoli, sull'emozione di quel "rinascimento napoletano" di cui tanto si parlava, e che veramente lasciava respirare un'aria nuova. Le cose si vedevano, le piazze erano liberarte dalle auto, le iniziative si moltiplicavano, i tutisti tornavano in città ed anche il senso del vivere civile sembrava...sembrava un'altra città. Ed ero felice di essere tornato. Anche nei vicoli e per le strade si respirava un'altro clima. Probabilmente questa nuova aria faceva bene a tutti, camorristi compresi che forse per gestire i loro traffici avevano bisogno di controllare il territorio. Poi qualcosa si è inceppato. Di quel risorgimento o rinascimento mi è rimasta una vaga memoria. Solo l'amaro in bocca del sopravvivere quotidiano. Tanto amaro. Poi la decisione qualche anno fa ed un nuovo traferimento. Sono uno di quelli che con dolore nel cuore, oggi a quarant'anni e passa ed una famiglia, ha scelto di vivere nuovamente lontano da Napoli. Mi manca la mia città ma, sto bene cosi e probabilmente non ci tornero' piu'. A chi resta faccio i miei migliori auguri, di mantenere la fermezza della decisione presa: quella di restare. Cosa che purtroppo a me non è riuscita.
Leggero' questo libro e poi caso mai ritorno in questo blog per un parere se gradito.
Auguri a tutti
Franco

Anonimo ha detto...

Ricordo una battuta del film "Mi manda Picone" di Nanni Loy.
Faceva più o meno così :
- Picone emigrò all'estero e... poi gli accadde una sciagura.
- Si ammalò ?
- No. tornò a Napoli.
In bocca al lupo Franco. Beato te.

Anonimo ha detto...

Si, ma cosa fanno i napoletani per Napoli? Mi sembra sempre che aspettiate un aiuto esterno, che giunga da chissà dove e chissà come. Quando imparerete a fare qualcosa per voi stessi?

Edit ha detto...

Innanzitutto rimaniamo a Napoli, e qui continuiamo a proporre i nostri progetti. Al contempo ci sentimao di portare rispetto per le scelte altre, come quella di Franco che ha deciso di starsene altrove. In quanto alle aspettative, che qualcosa ci giunga da altre parti, se è vero come è vero che per certi versi "Paspokaz siamo noi", è pur vero che Napoli, non è solo un caso napoletano ma riguarda una intera società, inteso come perdita di valori condivisi.
Nello specifico delle aspettative, sì, probabilmente ci aspettiamo qualcosa, ma ce lo aspettavamo da un bel po'. Ce lo aspettiamo dalla politica, cha possa dar delle rispote reali al disagio di tanti, al malessere diffuso. Ce lo aspettiamo dalla cultura, che possa in qualche modo creare degli stimoli altri per restituire il "sogno" di una vita diversa. IL sogno ovviamente è inteso non in senso utopistico, ma quale elemento primo di ogni azione. E non tralasciamo di partire sempre e comunque da noi stessi. Siamo qui e al momento ci restiamo, facendo nel nostro piccolo tutti quei passi che ci è possibile fare, sotto l'aspetto imprenditoriale, culturale e civile.

Anonimo ha detto...

Purtroppo Franco ha messo il dito sulla piaga. Sono con lui, molta della colpa di ciò che accade è nostra, della nostra indolenza, della nostra anarchia che non sempre sta dalla parte giusta, del nostro minimizzare, tollerare, soprassedere. " Tutti amma campà". Quante volte l'abbiamo detto e sentito ? E con questa scusa, perchè spesso era solo un alibi, siamo arrivato a un punto dal quale mi appare assai difficile ritornare.
Ma l'amico edit dice anche lui una cosa giusta quando afferma che è l'intera civilità che è malata. La questione morale riguarda in particolare l'Italia, paese corrotto nel midollo, ma di certo i malesseri delle banlieu parigine o dei quartieri mediorientali londinesi o i confilitti con gli immigrati nel centro di Berlino o l'espansione delle mafie spagnole, sono anch'essi i primi e pericolissimi fuochi di un incendio che sta per divampare fin dentro nel cuore del vecchio continente.
Alla fine dei conti Napoli è solo un arto in cancrena di un corpo che sta rapidamente ammalandosi e a poco servirà amputarlo. Le metastasi sono ormai dappertutto.

Anonimo ha detto...

ciao Bruno
giusto per chiarezza, il mio post sebbene anonimo alla fine è stato personalizzato con il mio nome (non avevo capito che potevo rimanere anonimo anche segnando il mio nome). L'altro ANONIMO, senza nome a cui immagino hai dato risposta con "Franco ha messo il dito...", non sono io. Giusto per chiarezza. E comunque, visto che sono nuovamente qui, vi lascio anche il mio parere. Alla fine concordo che certi problemi e certe indolenze sono sempre piu' tipiche della nostra società. Solo che a Napoli ce ne sono un po' di piu' e la cosa grave è che i segnali politici che si colgono, laddove si colgono, sono davvero molto deboli, almeno dal mio nuovo punto di osservazione che dista circa 800 Km. Altro da quello che poi mi spinse a tornare a Napoli circa dieci anni fa. E no era solo un fatto mediatico. Una nuova aria si respirava davvero.

HO ordinato il libro da cui è partita questa discussione. Postero' un umile parere dopo la lettura.
Franco

Anonimo ha detto...

Scusa Franco, hai ragione, ho preso un abbaglio. E chiedo scusa anche all'anonimo amico.
Grazie per l'acquisto del libro, anche da parte, e soprattuto direi, di NonSoloParole.

Anonimo ha detto...

Raf, urgesi un post da commentare sull'articolo di Saviano sull'Espresso.
Attendo.

Edit ha detto...

Si, alla fine commentare l’articolo di Roberto Saviano, apparso su l’Espresso di questa settimana dal titolo “Vi racconto l’impero della droga”, di rimando non fa che confermare quanto abbiamo inteso porre in evidenza in questo Blog. Partendo dal libro di Esposito e parafrasando il titolo del libro di Bocca abbiamo affermato “Paspokaz siamo noi!” ma al cui punto esclamativo si è aggiunto un doveroso punto di domanda finale. Ma siamo veramente noi?
Noi sicuramente, nel guardare lo sfacelo della città, nella perdita del valore civile, del valore condiviso… ma il problema Napoli, anche intesa come terminale del malaffare, ed in questo caso è stato molto esaustivo e chiaro Saviano nel delineare le dinamiche dell’impero dell’oro bianco… ma il problema Napoli dicevamo, alla fine non è per nulla un problema napoletano, e forse nemmeno nazionale ma globale. Ed in questa ottica che noi andiamo rivedendo le dinamiche dello sfacelo di una città. Questa enorme ricchezza prodotta dal mercato della droga, sicuramente porta i clan ad operare secondo logiche di investimento globale anche secondo le piu’ moderne regole di mobilità. Una mobilità, adottata dal nuovo verbo della gestione d’impresa che, oltre a depredare il territorio di risorse ha fatto sì che i tanti teppistelli, mariuncielli e quant’altro, da aspiranti elementi da inglobare nei clan, da tenere a stipendio hanno avuto mano libera per operare in modo diffuso e anarchico sul territorio. Un territorio per nulla piu’ appetibile in quanto le ricchezze accumulate vengono dirottate altrove. E ci sono affari piu’ grandi da curare e tanti soldi da ripulire. Rimane quindi la camorra stracciona, quella che ancora va per “puteche” ad imporre il pizzo e non so fino a che punto si possa chiamare camorra, se con questo termine vogliamo intendere un qualcosa di organizzato in sistema.
Rimane il problema, e alla fine rimaniamo noi ad insistere con la nostra voglia di riscatto. Ma il nostro è un sogno destinato ad infrangersi amaramente contro il vuoto della politica incapace di dare risposte reali al malessere dei cittadini, ed il vuoto della cultura incapace di produrre modelli alternativi di vita verso cui proiettarsi… incidere sui sogni.

Anonimo ha detto...

Pare che ci sia poco da aggiungere se non che se è vero come è vero che il problema dell'abbrutimento della società civile non è solo napoletano ma globale è anche vero che a Napoli si sta peggio che, mettiamo, a Milano o Roma.
Perchè è una città lazzara, perchè è un malato terminale infinito, perchè se fossimo migliori di quello che siamo vivremmo in un paradiso e questo, si sa, per volontà divina, non è possibile.
Paspokaz siamo noi perchè in Paspokaz, tranne un'unica eccezione, non si salva nessuno. E come potrebbe essere diversamente ? Ognuno ha colpe, i politici li abbiamo votati noi, non stanno lì per opera e virtù dello spirito santo. E la povertà non è più un alibi in quanto è diminuita col risultato che le peggiori nefandezze provengono proprio da chi dispone maggiori risorse economiche, plebeo o borghese che sia.
A cos'altro appellarci, allora ? Smettiamola di cercare colpe anche laddove ci sono, certo, ma sono spalmabili su tutti gli strati della popolazione. E non dobbiamo nemmeno sperare in un plotoncino di "Saviani" che vengano a prendersi la croce per divulgare la mondo le verità. Cominciamo a pensare, di conseguenza agiremo.

Anonimo ha detto...

Vedo che il blog non è affollatissimo ma degno di attenzione. Come dire, pochi ma buoni ;-))
Ho letto finalemnte il libro e...mi permettete un commento?
Devo dire che innanzitutto mi sono divertito, anche se poi prevale quel senso di amaro che in qualche modo ti accompagna nella lettura, sopratutto nel finale. Ho rilevato che in quanto a luoghi comuni sulla napoletanità o malanapoletanità, il libro abbonda, ogni oltre immaginazione, ma è proprio su questo che devo fare i complimenti all'autore. Nonostante il peso dei luoghi comuni, si è saputo districare bene, elaborando quella che poteva essere una trappola letteraria e quindi un libro che lasciava il tempo che trova. Così non è stato, anzi, è stata l'occasione per ripensare, ripensare tantissimo su molte cose. Con un sorriso amaro, ma pur sempre un sorriso. Se così è oggi la situazione, che era un po' quello che temevo quando ho deciso di ripartire per sempre da Napoli, non posso che farvi gli auguri a voi che avete deciso di restare e per certi versi un poco vi invidio, anche se la mia decisione è stata presa qualche tempo fa.
Buone cose e complimenti
Franco

Anonimo ha detto...

ho...oh!...Miei cari
eccoci di nuovo tutti insieme ... per piangere allegramente sui problemi. Mi ha chiamato il mio editore, che poi non mi ha mai pubblicato niente ma mi è simpatico e allora lo chiamo il mio editore, sin da quando ci siamo conosciuti. In verità la prima volta gli proposi un mio saggio dal titolo "come far nascere il non fumatore dalle ceneri del fumatore". Bello, bello assai, in 1280 pagine formato A4 carattere 10 interlinea 1 da bordo a bordo senza margini. Non lo lesse nemmeno. Mi disse "Cirù", in quel suo naponapoletano che solo lui parla, "ciru', riduci, mandami una sinossi e poi ne parliamo" E io ci feci la sinossi in 732 pagine e lui mi disse "ciru',no nci siamo, devi ancora ridurre...ridurre assai" e allora ci feci un testo striminzito striminzito in sole 350 pagine, stesso formato di cui sopra...e lui con la faccia avvilita mi disse "ciru', pensiamoci con calma. Poi vediamo". Ma io ci voglio bene lo stesso al mio editore e quando mi ha chiamato e mi ha detto "Cirù, abbiamo aperto un blog, si parla di cose serie, ma mi piacerebbe avere anche qualche tuo intervento", io che ci voglio bene, gli ho detto "Si, ci vengo, e illumino di saggezza questo blog, e vi dico verità nascoste che nessuno ha mai detto e nemmeno pensato. Si, caro il mio editore, ci vengo nel blog e ci parlo chiaro chiaro". Ed eccomi qui. Per chi non mi conoscesse, ma immagino in pochissimi, io naqui e poi crescetti. Pensatore di professione, pure perchè nu' tengo altro da fare, e divulgatore per natura, dispenser di pensieri per vocazione. Ed eccomi qui. Si parla di Napoli, e come faccio a non parlare anche io? Voglio illuminarvi su qualcosa che probabimente vi sfugge. Prendiamo ad esempio la monnezza, l'emergenga spazzatura, emergenza rifiuti. Ma veramente credete sia un'emergenza la monnezza a Napoli? Veramente credete ci sono tutti questi problemi? NOooo! la risposta è no!
Vedete, noi napoletani finimo con l'affezionarci alle cose, e pure quando non ci servono più, non stanno piu' in una casa, vorremmo sempre tenercele intorno. Ecco che allora abbiamo inventato il "prelievo differenziato", cioe' non tutti i giorni, ma solo ogni tanto, dilatato nel tempo. Perchè direte voi? ma è semplice:
1. perchè ci piace vedercele attorno le cose. Metti che una sedia rotta su cui si è seduta la prima donna che hai trombato nella tua vita, che poi magari è anche l'unica, non puo' stare piu' in casa e allora la buttiamo si, ma per strada. In modo che quando scendi la mattina, puoi vedertela e rivedertela ancora. E ricordare quell'unica trombata della tua vita. Cosi come pure la sacchetta in cui ci sono i rifiuti del banchetto con gli amici della sera...o sere prima. Vuoi mettere che quando lo riconosci ti torna sempre in mente "uh...quanto ci siamo divertiti pero'"...o "come siamo stati bene insieme".
2. Il riconoscimento, individuale e colletivo: ritrovarsi al balcone a parlare con la dirimpettaia e dire..."ma vedi quello (il sacchetto), quello è mio. Mentre quell'altro mi sembra che sia della signora Maria. Ieri ha avuto ospiti" e l'altra che ti risponde "ma no, quello è del portiere, vedi, è posto alla fine delle montagna. E' sempre lui che butta via la sacchetta la sera tardi. Quindi l'ultimo" Ma nooo...il portiere è là, vedi quella busta verde..." e cosi via. Ci passi la mattinata, fai nuove amicizie, riconosci e vieni riconosciuto, come avviene in ogni comunità. E questo non nè poco. Ci risolve i problemi di coesione sociale.
3. oh cazzo, che ho fatto!: questo poi è la condizione limite. Quante volte vi è capitato che per errore avete buttato via un oggetto, un documento o che? bene, se lo buttate via altrove, lo avete bello e perso. Se questo vi succede a Napoli, NO. Potete sempre recuperarlo, ritrovarlo, cercarlo nella montagnella di monnnezza. E vi sembra poco? A un mio amico la mamma ci aveva buttato la sua bambola gonfiabile a cui era tanto affezionato. Ma proprio tanto. E non faceva che piangere. Allora io ci ho detto "ma dai, non fare cosi, puoi sempre riprenderla e tenerla con te, tanto la spazzatura è là. Vai, vai, vai a riprenderla". E lui da allora, dopo aver cercato tra sacchette e cartoni, pezze e rottami, finalmente ha ritrovato la sua bambola gonfiabile. E adesso, sebbene è una bambola gonfiabile clandestina, sì, clandestina perchè non ha il permesso di soggoirno per stare in casa della mamma, il mio amico finalemnte è felice perchè ha rtrovato l'amore della sua vita.
Vedete, poche cose per capire che anche dalla monnezza possono nascere o riedificarsi gli amori, le relazioni sociali e sempre grazie alla monnezza che possiamo esercitare il nostro diritto alla memoria visiva.
Grazie. Grazie di cuore!
Il vostrissimo Ciro K
al servizio dell'umana specie, dilatatore di pensieri, moltiplicatore di concetti, pens-a-Tore di professione

Anonimo ha detto...

Un ringraziamento a Franco per i suoi apprezzamento e un saluto al simpatico Cirù e alle sue elucubrazioni sulla monnezza.

Anonimo ha detto...

Firmate anche voi la petizione che chiede l'assegnazione a Gino Strada del Nobel per la pace.

http://www.petitiononline.com/ginostra/petition-sign.html?

Anonimo ha detto...

Grazie mio caro Bruno, grazie per le elucubrazioni che mi hai attibuito ma la mia è solo saggezza diffusa, come l'acqua dello sciacquone che si mischia ad altre acque, divenendo poi altro, generando vita che genera pensieri. Ed io sono come un grande generatore che si alimenta di sciacquoni. Come avrai notato anche da queste piccole cose nascono le grandi cose, come dalla monnezza "a ritiro differenziato", possono nascere nuove felicità. Vedi il mio amico, quallo della bambola. Ma vedi anche il tessuto sociale, rinnovato nei suoi rapporti, nelle sue dinamiche (il portiere, la dirimpettaia, la signora Teresa e tanti altri ancora).
Mi piace qui, e mi piace pure che Bruno (ma sei lo stesso Bruno che ha scritto il libro? Sai, Paspokaz sembra tanto un amico mio...ma lo conosci, aveva una bancarella delle sigarette, quando ancora si vendevano di contrabbando per strada alla Riviera di Chiaia), abbia indicato Gino Strada (è quello della E grande grande vero?) per il premio Nobel. Si', mi piace la cosa. Anche perchè subito dopo vengo io. Prima il Nobel, poi Presidente della Repubblica e poi PAPA, cosi Di.Co. la mia quando voglio. Anche a cazzo di cane. Pero' prima devo convincere il mio editore a pubblicare i milleduecento libri che ho scritto. Prima questo, poi il nobel etc, etc.
Un caro saluto a voi tutti, il vostrissimo Ciro K

Anonimo ha detto...

Sì, Ciro, sono proprio la stessa persona che ha scritto Paspokaz ma giuro di non conoscere il tuo amico venditore di sigarette.
Auguri per il Nobel, Santità.

Anonimo ha detto...

Uh, che peccato. Sembrava proprio lui. Diceva sempre "paspocaz'a me", lo ripeteva sempre in ogni stagione, in ogni luogo, giorno o notte che fosse. Anche quando gli dissi "ma come farai adesso che il contrabbando sta scomparendo dalle strade, ed anche i banchetti?", lo sai come mi rispose? "paspocaz'a me", pensa tu, che brava persona, anche in un momento così delicato, mi rispose così...mi rispose.
Poi non l'ho piu' visto col banchetto, se non dopo diversi mesi sul giornale, ma non mi ricordo se nella pagina della cultura o nella cronaca. No, purtroppo non me lo ricordo. E quando poi ho visto il tuo libro, ho pensato "perbacco, allora veramente è diventato famoso" perchè pensavo ti fossi ispirato a lui. Comunque sia, auguri per il tuo libro e grazie per gli auguri che hai fatto a me. Ma per la santità, credo bisogna aspettare ancora un pochino. Ma il cirokappapensiero è lieve, è eterno, viaggia in ogni dove e soprattutto viaggia senza fretta.
Un abbraccissimo a tutta la fascia di ascolto e a prestissimo. Anzi vi dico anche una novità in anteprima. Presto avro' una rubrica tutta mia, tuttatuttamia, e cosi vi posso raccontare cosa ho mangiato, cosa ho sognato, cosa ho pensato. Mi ha invogliato il mio editore e io che ci voglio bene lo ascolto sempre e cosi me ne vado a fare il guru sulle mie pagine, anche se il mio direttore mi dice sempre che non potrebbe fare a meno di me e allora io, sempre che ci voglio bene, ci ho detto "non ti preoccupare, trovero' il tempo anche per venire in questo BLOG", che poi mi sembra di dire sempre una mala parole quando la pronuncio. Ma siete proprio sicuri che si puo' dire?
Un nuovo piu' grande abbraccissimo dal vostro
CiroK